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La città vecchia

Nei quartieri dove il sole del buon Dio
non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente
d’altri paraggi
Una bimba canta la canzone antica
della donnaccia
quel che ancor non sai tu lo imparerai
solo qui fra le mie braccia

E se alla sua età le difetterà
la competenza
presto affinerà le capacità con l’esperienza
Dove sono andati i tempi d’una volta per Giunone,
quando ci voleva per fare il mestiere
anche un po’ di vocazione

Una gamba qua, una gamba là gonfi di vino
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
Li troverai là col tempo che fa estate e inverno
a stratracannare, a stramaledir
le donne, il tempo ed il governo
Loro cercan là la felicità
dentro a un bicchiere
per dimenticare d’esser steti presi per il sedere
Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l’ombra di un sorriso
fra le braccia della morte

Vecchio professore cosa vai cercando
in quel portone
forse quella che sola ti può dare una lezione
Quella che di giorno chiami con disprezzo
pubblica moglie
quella che di notte stabilisce il prezzo
alle tue voglie

Tu la cercherai, tu la invocherai più d’una notte
ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette
quando incasserai, delapiderai mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire:
“micio, bello e bamboccione”.

Se ti inoltrerai lungo le calate
dei vecchi moli
in quell’aria spessa, carica di sale,
gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri, gli assassini
e il tipo strano
quello che ha venduto tremila lire
sua madre a un nano

Se tu penserai e giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli, son pur sempre figli
vittime di questo mondo.