Non al denaro, non all’amore né al cielo (1971).
“Soprattutto mi ha colpito un fatto: nella vita si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte invece i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente a cui pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare.”.
E’ così che De Andrè si esprime in merito alla lettura dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters che, per la prima volta, legge intorno ai diciotto anni.
Un testo che riprende circa nella metà degli anni Sessanta, riconoscendosi sempre più nella vita e nei pensieri condotti dai personaggi.
Gli anni 70 in Italia sono, musicalmente, rivoluzionari e anarchici e forse per questo, pronti ad accogliere la poesia del cantautore con l’entusiasmo e l’impazienza dei bambini.
Preziose le collaborazioni con Bentivoglio per i testi e Nicola Piovani per la musica, tratti definiti di caratteri che spesso emergono nell’album.
L’opera di Masters è ambientata proprio nel paesino di Spoon River, in una collina che vede ben 244 epitaffi di personaggi che godono, finalmente, di quella libertà che in vita tante volte ci viene implicitamente negata.
Fabrizio sceglie e contestualizza pochi personaggi, rendendoli protagonisti di brani scritti su misura per rendere omaggio a diverse sfumature di libertà. Nove personaggi che vivono e trattano principalmente due temi: la scienza e l’invidia.
De André si immerge nella poesia di Masters lasciando “intatto” solo un personaggio dell’antologia riportato poi nel concept album, il suonatore Jones.
Jones è l’unico che suona per il piacere di farlo e non per dovere, svincolandosi dall’omologazione collettiva e sposando la libertà, unica compagna fedele di una vita intera.
La stessa libertà verrà poi ritrovata immutata insieme alle altre anime che come lui dormono, dormono sulla collina.